L’attesa è finita: Mkhitaryan ha scelto l’Inter. L’armeno ringrazia la Roma per l’ultima offerta, ma la certezza di giocare la Champions League è stata decisiva nella scelta del giocatore che si prepara alla firma di un biennale da 4,5 milioni. Prima però le visite mediche, prima delle meritate vacanze in Sardegna per resettare la mente e presentarsi al meglio alla corte di Simone Inzaghi.

Chi è?

Figlio del calciatore armeno Hamlet Mkhitaryan, attaccante dell’Ararat, e della moscovita Marina Taschjan, all’inizio degli anni ’90 si trasferisce in Francia, a Valence, per seguire la carriera calcistica del padre e vi trascorre l’infanzia. Tornato a Erevan nel 1995 per via della malattia del padre, entra nello stesso anno nelle giovanili del P’yownik. Si è messo in mostra calcisticamente allo Shakhtar, per poi consacrarsi al Borussia Dortmund. Nelle parentesi al Manchester United e all’Arsenal trova poca fortuna, perciò decide di lasciare Londra con destinazione Italia. A Roma, nonostante qualche acciacco fisico, ritrova se stesso e si riappropria di tutte le sue qualità inespresse nell’esperienza inglese.

Sulle orme di Djorkaeff

Henrikh, però, non sarebbe il primo armeno a vestire la maglia nerazzurra. Prima di lui, nell’estate del 1996 fu Djorkaeff a passare all’Inter per 7,5 miliardi di lire. Soprannominato Il Serpente, era un rifinitore dotato di estro, dribbling e ottima tecnica, abile nei movimenti smarcanti e nei calci piazzati. Disputò tre ottime stagioni in Italia, producendosi in giocate di alto profilo: su tutte, la rete messa a segno in rovesciata proprio contro la Roma, nell’incontro del 5 gennaio 1997, ritenuta tra le più belle nella storia del calcio.

Una strana treccia del destino sta per ricongiungere Milano con un calciatore armeno. Il passato ci insegna che spesso le favole nel calcio si ripetono, e vista la somiglianza tecnico-tattica tra Mkhitaryan e Djorkaeff, non è utopia per i tifosi augurarsi di vedere prodezze simili a San Siro.
Il volo per Milano è prenotato e i tifosi interisti sognano.

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