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C’era una volta un giocatore discontinuo, ombra di sé stesso quando non riusciva a trovare il gol per più di 2/3 partite consecutive; ora quello stesso ragazzo, trasformato da un Mondiale vinto dalla panchina e dopo aver perso il posto a Julian Alvarez a causa di problemi fisici:“Ho giocato con delle infiltrazioni, non ero nelle condizioni fisiche per dare il cento per cento nelle partite che abbiamo fatto. Ma non si poteva sbagliare, abbiamo giocato sei finali”, si prende per mano l’Inter sia tecnicamente che caratterialmente: dove può arrivare Lautaro Martinez?

Lautaro leader in campo

Il numero 10 dell’Inter ha segnato ben 9 gol dalla ripresa del campionato; non male considerando che, durante e dopo il Mondiale, ci si chiedeva come potevano tornare i Campioni del Mondo dopo i diversi giorni di festeggiamenti per la storica vittoria Albiceleste.

L’ex Racing è il pericolo numero uno in questo momento per le difese avversarie: capace di sbucare fuori da un momento all’altro, chiedere a Pablo Marì per informazioni, di annichilire i difensori avversari, vedasi la figuraccia di Tomori in occasione del 3-0 di Supercoppa, e di colpire di testa, nonostante la sua altezza non lo aiuti in questo, come successo nel derby vinto in campionato.

“Ci sono stati tanti momenti in cui stavo bene, ma quello che sto attraversando oggi in totale è il mio miglior momento da quando sono all’Inter. Dalla fascia di capitano ai tanti gol che ho segnato, sto giocando quasi tutte le partite con continuità e questo è sicuramente importante per me e per il club”.

E se Inzaghi alterna Dzeko e Lukaku al suo fianco, non toccando mai quel ragazzo di Bahia Blanca un motivo ci sarà: le speranze e gli obiettivi dell’Inter per l’ultima fase di stagione passano tutte dal Toro. Dal punto di vista dei numeri, Lautaro Martinez punta a superare il record personale: oggi è a quota 35 gol stagionali, di cui 21 in campionato; l’anno scorso ha chiuso a 49 marcature in tutte le competizioni, di cui 25 in Serie A.

Lautaro leader anche fuori dal campo

Ma la grande evoluzione del numero 10 è la sua grande leadership mostrata fuori dal campo: Lautaro studia da Messi,“Per noi ovviamente è importante, perché quando si arrabbia (Messi) non c’è nessuno per nessuno o c’è per tutti… Voglio dire che non ci sono possibilità per nessuno”, e responsabilizzato ulteriormente dalla fascia da capitano pronta e già indossata in più occasioni, si mostra pronto per raccogliere l’eredità di Zanetti ed Handanovic.

Non è una coincidenza che, dopo la brutta sconfitta di Bologna sia lui a metterci la faccia davanti alla telecamera: “Così non andiamo da nessuna parte. Dobbiamo cambiare pagina, subito, e trovare la continuità giusta. Abbiamo fatto bene in Champions, arriviamo qui belli carichi e poi giochiamo così, non va bene. Ora serve abbassare la testa, pedalare e alzare il livello tutti insieme. Sicuramente noi dobbiamo avere più continuità e uscire in campo sempre come fatto contro il Porto, in qualsiasi altra partita. Sono qui anche per chiedere scusa ai tifosi e a tutti quelli che ci seguono e supportano. Ne parleremo in spogliatoio? Parliamo sempre tra di noi. Sono chiaro qui nell’intervista come coi miei compagni”.

L’ultimo gesto verso Denzel

Non banale nemmeno il suo gesto dopo il gol al Lecce: in un match dove San Siro si mostra abbastanza freddo verso Dumfries, lui segna e indica l’olandese; segni di un vero leader. In 12 mesi la crescita di Lautaro Martinez è evidente: oggi è sempre più netta la sensazione che quel debutto datato 31/10/2015, sostituendo uno che la storia dell’Inter l’ha segnata con il pennarello indelebile come il Principe Milito, sia stata un vero e proprio passaggio di consegne, sperando che anche il Toro riesca a raggiungere le vette toccate dall’ex attaccante del Genoa, possibilmente con la stessa maglia.

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